G102T18 Valdaora - Santa Maria di Sala

La diciottesima tappa del Giro è una lunga picchiata sulla pianura: 222 km di discesa quasi ininterrotta, una carrellata di facce e paesi che si alternano con la stessa velocità con cui le cime progressivamente si abbassano, gli orizzonti si allargano. Le scuole di Cortina sono chiuse, le gelaterie di Longarone affollate; la casa di riposo di Ponte nelle Alpi ha schierato tutti i suoi ospiti a bordo strada, e gli abitanti di una delle frazioni successive hanno esposto uno striscione gigantesco: “Neve pioggia sole vento, quando passi da Casan è sempre un evento”. Ovunque spuntano tavole imbandite: le tovaglie sono rigorosamente rosa e il prosecco – altrettanto rigorosamente – scorre più fluido del Piave. All’esterno di un gazebo ad Arsie’ qualcuno ha installato il cartello “Pit stop”, mentre la raggiera di nastri di raso colorato che scende dal campanile della chiesa dev’essere opera di individui più atletici.

A Zero Branco sono arrivate le ciliegie: le cassette – stracolme – hanno per sfondo un campo di papaveri in fiore. Tutti ci tengono a salutare il Giro, anche la stazione di servizio della SS 13, persino le macchine agricole di Cappelletta. Se potessero, brandirebbero palloncini pure Vallotto, Sabbadin, Benfatto e Bevilacqua, vecchie glorie del ciclismo locale che quest’oggi sono manifesti appesi sugli alberi all’ingresso di Santa Maria di Sala, a una decina di minuti dal rettilineo di arrivo della tappa e dalla piazza centrale del paese, dove la stireria Giusi Sprint ha messo in vendita delle coroncine di cotone rosa e ha lanciato un’offerta speciale sullo spray antitarme.

L’aria è pregna degli odori delle sagre, che sono poi gli stessi odori del Giro: si sente fragranza di vino e di caccia alla lepre – uno dei passatempi alternativi di Damiano Cima, vincitore a sorpresa di giornata. Cima era in fuga ma ha vinto la volata del gruppo. Ha anticipato Ackermann di pochissimo, giusto qualche centimetro, tutto quello che gli rimaneva dei suoi 170 chilometri in fuga. In mezzo ha detto di aver soltanto “aspettato, aspettato, aspettato”, che è forse una risposta alla domanda esposta sotto l’arco austriaco di Vittorio Veneto: “Cosa vi occorre ancora oltre ad affetto, cura e serenità, serenità, serenità?” Cima da Brescia ma anche da Conegliano: la sua fuga con Maestri e Denz è stata un trittico, olio sulla tavola che era questa tappa.

Cima vince e non ci crede, va a fare le interviste col caschetto in testa e con la stessa faccia di quando ancora non aveva vinto, di quando passando per San Dono non aveva immaginato che quel luogo fosse un presagio del presente che il gruppo avrebbe fatto più tardi ai fuggitivi. Cima che a Santa Maria di Sala più che di cacciagione trova profumo di pescato: lo stand accanto a quello di Giusi Sprint distribuisce cartocci di calamari fritti, il segno più eloquente che le montagne quaggiù sono a distanza di sicurezza – almeno per una notte. (LP-FC)

 

 

PS - Di questo e altro parleremo tra un po' nel nostro podcast notturno "Giroglifici - un programma tutto da decifrare". Non sappiamo ancora quando, ma se ci seguite a un certo punto vi manderemo tutti i link.

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