"Acqua passata": La prefazione

Il ciclismo è memoria, imprese epiche, fatti più o meno curiosi, luoghi mitici immortalati da immagini passate alla storia. E anche gli oggetti del ciclismo sono diventati culto, a partire da quello su cui si concentra la narrazione di questo libro: la borraccia; le bidon, come la chiamano i cugini d’oltralpe.

La storia di Acqua passata, il nuovo lavoro degli amici di Bidon, ci riporta agli albori del ciclismo, ai pionieri cui si presentò l’esigenza di portare con sé l’acqua per placare il bisogno vitale di bere, per poi ripercorrere la storia della borraccia e di come è cambiata nel tempo, fino ai giorni nostri.

Pochi potevano immaginare che la borraccia sarebbe diventata l’oggetto più ricercato dagli appassionati di ciclismo al seguito delle corse. Se chiedete a un bambino, ma anche al genitore che lo accompagna a bordo strada per seguire il passaggio di una gara, quale sia la massima aspirazione del giorno, solo al secondo posto vi risponderà: «Riuscire a scorgere tra i corridori in gruppo il mio campione preferito». Il primo obiettivo è sempre raccogliere il maggior numero di borracce possibile.

Belle, colorate, con i nomi delle diverse squadre, alcune con strani segni, o iniziali, che è curioso – e a volte complesso – cercare di interpretare. Non è un caso che le squadre oggi considerino la borraccia uno dei veicoli più importanti per la promozione dei propri marchi.

Le bidon però non è solo un oggetto di culto e di marketing. Nel tempo, tra le altre cose, è diventato anche un pretesto per aiutare, con spinte più o meno prolungate, un corridore in difficoltà. Questa pratica è stata spesso mostrata nel corso delle interminabili dirette televisive delle corse, in alcuni casi anche recenti, provocando squalifiche clamorose. Non è un caso che tra gli addetti ai lavori uno dei momenti più curiosi di un grande giro sia un piccolo rito che avviene la sera in hotel: la lettura dei comunicati della giuria dedicati alle infrazioni di giornata.

Quella che desta maggiore ilarità è la celebre dicitura bidon collé, che comporta ammende e penalizzazioni di diversa entità. Si tratta in gergo della “borraccia attaccata”, ovvero del gesto con cui un direttore sportivo trasforma la routine del passaggio di una borraccia a un proprio corridore in un’occasione di gradito traino: quando avviene il contatto tra i due, come per magia l’auto accelera, portandosi via il ciclista incollato. Nei casi in cui questo contatto si prolunghi eccessivamente nel tempo, ecco scattare la sanzione, che può arrivare persino all’esclusione dalla gara. La borraccia si trasforma, così, da aiuto a zavorra: cambia di ruolo, come tante volte è capitato, nel corso delle gare e della storia, a questo oggetto divenuto simbolo del ciclismo.

Il libro che vi apprestate a leggere contiene molte storie che hanno contribuito a fare della borraccia un mito: dall’antica usanza dell’assalto ai bar da parte dei gregari sulle strade del Giro (con successiva fuga senza pagare il conto), alle storie curiose degli appassionati che con estrema fantasia si organizzano per raccogliere le borracce al passaggio degli atleti, fino alle interviste concesse in occasione del Giro d’Italia 2019 da ventidue “corridori portaborracce”, uno per ciascuna delle squadre schierate alla partenza.

Gli amici di Bidon fanno centro ancora una volta. La loro smisurata passione, e la straordinaria competenza, hanno portato alla nascita di questo libro. Bravo a loro, buona lettura a tutti voi.

 

Silvio Martinello

 

 

 

 

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