Sì è appena conclusa la settimana dei campionati nazionali di ciclismo. Si tratta – se seguite questo sport il giusto lo saprete – di una delle settimane più importanti della stagione. Quanto meno da un punto di vista cromatico, diciamo così. 

«Faccio ancora fatica a esprimere a parole gli eventi di ieri, l’angoscia di quei volti e di quei corpi feriti in seguito alla caduta. Penso a Julian, ma anche a tutti gli altri ragazzi coinvolti, che avranno forse visto le loro vite scivolare via, quando, a più di 70 all’ora, il fruscìo del gruppo ha lasciato il posto al caos, al suono di componenti che si rompono e grida umane che emergono. Sono commosso da tutti i vostri messaggi, ma penso onestamente che chiunque in quella situazione si sarebbe comportato allo stesso modo.»

A un centinaio di chilometri dal traguardo, prima di risalire la Vallonia lungo la strada più dritta e accidentata, i corridori della Liegi-Bastogne-Liegi numero 108 sono transitati sotto al naso di una coppia di tifosi. Una donna avvolta in una bandiera belga agitata dalla brezza, e un uomo con un grande striscione a due aste, un vecchio lenzuolo bianco con due semplici parole, in stampatello maiuscolo nero: MERCI PHIL.

Thibaut Pinot va al di là dello sport.

È qualcuno che parla al nostro intimo, a ciascuno di noi. Quello che è stato capace di fare negli ultimi due giorni sono due versanti della stessa montagna. Per vincere oggi doveva perdere ieri; la vittoria di oggi è liberatoria perché ieri ha perso.

Quando si tratta di Pinot, contrariamente a quanto recita il suo tatuaggio, le sconfitte sono belle tanto quanto le vittorie. Qualche volta sono persino più belle. È per questo che uno così ci tocca nell’intimo.

La Parigi-Roubaix comincia in pianura e prosegue in pianura. Attraversa i dipartimenti dell'Oise, dell'Aisne e del Nord; scopre le prime stradine di campagna, poi cominciano i primi settori in pavé, uno dopo l’altro, le diverse televisioni del mondo si collegano e tutto cambia.

Va sempre così… Quasi sempre.

Per Elisa Longo Borghini il ciclismo è una questione di famiglia: «A casa dei miei il televisore era sempre acceso su Raisport, anche quando c'era il biliardo».

La Parigi-Roubaix è sempre stata spaventosa, per Elisa: «I ricordi più nitidi, quelli delle cadute e della terra che tiravano su i corridori». Ma anche un sogno: «Un sogno che ho sempre ritenuto realizzabile».

Un estratto che parla di borracce e Marcus Burghardt, da Acqua passata. Vita, sorte e miracoli delle borracce nel ciclismo (People, 2020). Maggiori info a questo link.

 

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Il ciclismo invade i paesi in pieno giorno. Per non dare troppo nell’occhio, all’inizio se ne sta alla larga dal centro: prende posto nei parcheggi dei campi sportivi, sui lungomari, all’ombra dei viali alberati. Quasi s’imbosca.

«Nel ciclismo si perde spesso e io oggi ho perso, però se devo piangere per un podio all’Amstel Gold Race allora tanto vale smettere di correre in bicicletta. C’erano 175 corridori alla partenza e solo 3 sul podio. Io c’ero», ha detto Cosnefroy.

Di mezzo tra classiche e Giro, ci rimettiamo per un paio di giorni in strada.

Il Fiandre del 2022 è una storia di zig-zag. E il suo ultimo chilometro, col suo folle ondeggiare, ci spiega qualcosa in più sugli uomini che si barcamenano come Mathieu van der Poel e Tadej Pogačar.

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