[TdF2022] Ancora in gioco

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    Seduto su un ramo a riflettere sull'esistenza. Cofondatore di Bidon, durante una pausa si è laureato in statistica. Fonti di ispirazione: le biciclette, l’Islanda, i pub di Oxford e Cristobal Jorquera.

Un giorno dovremo stabilire se il fatto che la competizione più prestigiosa di uno degli sport più tecnologici al mondo rischi di essere segnata nel suo esito da una balla di fieno improvvidamente spinta (forse da una motocicletta di servizio) all’interno della carreggiata sia un elemento di impareggiabile fascino o di inaccettabile anacronismo, ma quel giorno non è oggi.

Non è stasera che decideremo (chi siamo per farlo?) se ha ancora senso la follia del pavé, soprattutto dentro un Tour de France, allorché l’ingresso in ciascun segmento di pietre equivale a ficcare i nomi dei favoriti dentro un’urna e ad attendere che una spietata estrazione ne elimini alcuni dalla contesa, o anche a infilarli dentro una gigantesca lavatrice che operi al contrario, un’impolveratrice potremmo chiamarla, un apparecchio che a ciclo ultimato sputi fuori ciclisti sporchi (tutti) e mezzi rotti (alcuni, solitamente i più sfortunati). 

Si dirà che la fortuna aiuta gli audaci, ed è vero. Per questo risulterebbe ingiusto affermare che la circostanza che vuole che Tadej Pogačar sia risultato il solo degli uomini di classifica ad evitare qualsivoglia fantasioso intoppo disseminato da organizzatori e spiriti maligni lungo i 150 e passa chilometri tra Lille e Arenberg, vada attribuita per gran parte alla sorte amica.

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Testo: Leonardo Piccione

 

 

 

 

 

 

 

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