Quaderni bartaliani

Il 5 maggio di 19 anni fa se ne andava Gino Bartali, a pochi giorni dalla partenza del Giro d'Italia, proprio come quest'anno. La sorte vuole che il 5 maggio sia anche il compleanno di Bidon, un progetto nato per raccogliere borracce e storie. E nessuno più di Gino Bartali ha regalato al ciclismo (e non solo) delle storie uniche, come unico era Bartali.

Il seguente brano, tratto da il Centogiro, ricorda l'esordio di Bartali nel professionismo, anno 1935, 

 

 

Quaderni bartaliani
di Filippo Cauz
 

La vita di Gino Bartali è piena di quaderni zeppi di nomi. Gino teneva un'agendina in cui appuntava tutto quanto riteneva necessario ricordare: situazioni di corsa, trucchi degli avversari, consigli, fregature, rapporti, percorsi. «Ogni volta che finivo un'agenda e mi accingevo a cominciarne una nuova, andavo a rileggere le precedenti. Un continuo ripasso».

A inizio '35, rileggendo l'anno precedente, l'ultimo da dilettante, aveva trovato quasi solo successi: 15 vittorie in 33 gare, mai fuori dai primi dieci. Al termine della nuova stagione, invece, avrebbe trovato molti chilometri e un bel po' di fregature. Una Sanremo corsa dopo una notte insonne, col rapporto bloccato sul 50:18 eppure quasi vinta, se non fosse stato per Emilio Colombo, direttore della Gazzetta, che non poteva rischiare il trionfo di un anonimo esordiente. «Mi si avvicinò e cominciò a farmi un sacco di domande: come mi chiamavo, dov'ero nato e quando, perché Bàrtali e non Bartàli, e così via. Io così rallentavo, ma il famoso giornalista continuava a starmi vicino e a farmi parlare...».

Dopodiché il primo Giro d'Italia, da gregario ma con il primo posto della classifica dei Gran Premio della Montagna e una tappa vinta, a L'Aquila, terra di fughe-bidone, dove lo sconosciuto Vasco Bergamaschi vestì una rosa che non si sarebbe più tolto. Durante una cena di fine stagione Gino si trovò a specificare quanti chilometri avesse pedalato nel 1935, e il vicino di posto gli chiese «Ma che, li hai contati?», e lui disse che sì, forse aveva arrotondato, ma tanti erano e tanti restavano.

L'anno successivo, quello del primo Giro vinto e della morte in corsa del fratello Giulio, Bartali ricevette un altro quaderno, un libriccino speditogli in forma anonima. Conteneva i 24 esercizi di ginnastica a cui Gino attribuì tutti grandi successi della sua carriera. A quegli esercizi e ai lunghi allenamenti, alcuni dei quali rimasero a lungo secretati in diari che contenevano tutt'altro genere di nomi. Erano piccoli plichi di documenti e fotografie quelli che Gino ritirava di tanto in tanto nelle fredde mattine dell'inverno del '43-'44. Il luogo di consegna cambiava sempre, il luogo di trasporto anche, a volte sotto la maglia, altre nelle tasche, o persino arrotolate nei tubi della bici, lo scopo sempre lo stesso: creare carte d'identità false per gli ebrei nascosti dalle persecuzioni fasciste. Un Giro monotappa: Firenze-Assisi, andata a ritorno, in silenzio. Una corsa senza prendere appunti, ma che finì lo stesso per essere annotata in un elenco: quello dei Giusti tra le nazioni.

 

 

"Quaderni bartaliani" e altri 98 racconti sulla storia del Giro d'Italia sono raccolti ne "il Centogiro", disponibile in libreria e in tutti gli store digitali.

 

 

 

 

 

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