Divano-Sanremo. La corsa più lunga in diretta integrale
A inizio marzo, il giorno successivo alla conclusione del Festivàl di Sanremo sono stato invitato da Radio Statale a un dibattito online sulla kermesse canora appena terminata. Tra le chiacchiere di inizio diretta ho scoperto di essere l'unico dei presenti a non aver perso nemmeno un minuto del Festivàl, seppur dividendomi tra televisione e radio. Ero convinto fosse una scelta abbastanza diffusa, ma a quanto pare ci vuole un certo allenamento. Tanto che mi è stato fatto prontamente notare come la durata di alcune serate fosse paragonabile a un'intera Milano-Sanremo. Così quando ho sentito che la Classicissima quest'anno sarebbe stata trasmessa integralmente dal chilometro zero mi sono detto "ma sì, facciamolo". Se sono sopravvissuto a cinque giorni di monologhi ripetitivi, melodie riciclate, di Fasma e Aiello, di Di Martino e Colapesce, di Stato Sociale e Negramaro, posso sicuramente passare un'intera giornata a guardare la Sanremo, una corsa che, se proposta nella sua interezza, fatica molto a conciliarsi con il concetto di spettacolo sportivo in televisione.
Sarò schietto: non amo le dirette integrali, ne faccio volentieri a meno e ne farei ancor più a meno se potessi scambiarle con gli ultimi 100 km delle corse, anche importantissime, che non hanno alcuna copertura televisiva. Più che guardarle le ascolto, le lascio scorrere, come fosse una forma di easy listening in campo ciclistico. E parlo di listening perché da guardare spesso c'è poco. Bella, bellissima la lotta per prendere la fuga. Belli, entusiasmanti i ventagli. Ma il più delle volte la prima metà di corsa è un passaggio relativamente interessante dal punto di vista tattico e intrigante solo per scoprire il territorio.
Sono anche moderatamente convinto che non facciano una grande pubblicità a uno sport che si trova spesso a fare i conti con la difficoltà a conciliare i propri ritmi con quelli dell'infotainment. È chiaro che qualunque amante del ciclismo sa ben distinguere quelle lunghe ore di gruppone dall'immagine più appassionante di questo sport, così come qualsiasi amante della musica dal vivo sa ben tracciarne la diversità rispetto al Festivàl di Sanremo, ma non sarei così certo del pensieri di chi nella trasmissione si imbatte quasi casualmente.
In passato sarei andato a seguire la corsa dal vivo. Sicuramente la partenza che avviene a una manciata di minuti da casa mia, più probabilmente anche il resto. Ero alla Sanremo la scorsa estate, come lo ero due anni fa a primavera. Ma in tempi di norme Covid andare alle corse restituisce molto poco: impossibile parlare con i corridori, difficile incontrare anche le persone sul tracciato, ancor di più in giornate da Zona Rossa. In fondo amo le sfide, soprattutto quelle che mi posso giocare senza muovermi dal divano, così anziché quella di trovare qualcosa da raccontare su strada ho colto la sfida di endurance lanciata dalla produzione televisiva. Questo è stato il mio sabato 20 marzo 2021.
L'inizio corsa è subito un momento strategico. So che mi aspetta una lunga lotta contro la palpebra che inevitabilmente calerà, così provo a giocare d'anticipo: metto la sveglia pochi minuti prima del via. Il tempo di sciacquarmi la faccia e accendo il televisore proprio per vedere la bandierina che si abbassa; sono le 9:42 del mattino. La fase di trasferimento in città passa per luoghi a me noti, cui dedico un occhio mentre metto su il tè e spremo le arance. Ogni pochi secondi suona una notifica dal gruppo Telegram di Bidon: tanti utenti si fanno gli auguri di buon anno. La Sanremo è un Capodanno, è il giorno in cui inizia una nuova stagione di classiche.
Per i cronisti l'inizio è lanciatissimo.
Andrea De Luca si trasforma in una guida turistica del centro cittadino: il Castello Sforzesco, la Scala, la Madonnina (su cui qualcuno troppo speranzoso ha appeso una bandiera italiana), la sede dell'Inter, la fontana di Craxi e poi una selva di condomini recenti.
Beppe Conti, barra dritta sul ciclismo, fa notare come lì in mezzo ci sia "il Tempio", il Vigorelli.
Stefano Garzelli, barra dritta sulla gara, parla dei rischi del pavè.
Nessuno menziona casa mia inquadrata sullo sfondo, ma questa visione mi fa davvero entrare in corsa.
ore 10:01, –296.5 km
Sto ancora spalmando la marmellata quando parte il primo attacco. Sembra una cosa un po' indecisa, invece il margine si apre davvero. Dismessi per poco i panni turistici, De Luca declama sicuro di sé: «La situazione ha già preso una ben definita posizione». Un'affermazione che se fossi meno assonnato mi avrebbe aperto improbabili riflessioni esistenzialiste, invece il primo pensiero è semplicemente: cazzo. Posso prendere quelle righe scritte poco sopra sulla lotta per la fuga e buttarle nell'umido insieme alle bucce della arance. Nelle prossime sei ore probabilmente non accadrà nulla, e non accadrà in diretta TV.
ore 10:08, –290.8 km
In queste situazioni il segnale della resa da parte del gruppo non è una bandiera che si sventola. E puntualmente, dieci minuti esatti dopo il chilometro zero, un po' di corridori si portano al margine della strada a pisciare. Mathieu van der Poel ieri ha definito la Sanremo una corsa in cui nei primi 150-200 chilometri devi stare attento a non addormentarti in gruppo. Cerco di individuare i suoi pantaloncini bianchi per verificare il suo livello d'attenzione ma non lo trovo, tanto vale concentrarsi sui fuggitivi.
Sono fortunato, almeno davanti ho personaggi a cui sono affezionato. C'è Taco van der Hoorn, che qualche stagione fa se la giocava coi due fenomeni del ciclismo di oggi. E c'è Charles Planet, che nonostante sia francese amo sempre pronunciare all'inglese, perché così diventa il mio nome preferito di tutto il gruppo, me lo immagino come l'eroe di un film di fantascienza degli anni '60.
Lo prendo in considerazione per quando un giorno -spero prestissimo- cambierò nome.
Bisogna trovare delle distrazioni.
ore 10:13, –287 km
Come un miraggio dal futuro, la regia inquadra la celeberrima fontana di Sanremo. Spero seguano anche le immagini della statua di Mike Bongiorno ma per ora niente.
ore 10:18, –284 km
Ho terminato la colazione e anche i fuggitivi accostano per pisciare. Per darmi uno slancio decido di accendere il cellulare, ma sono le 10:18 di sabato mattina e temo di essere l'unico sveglio anche nei gruppi WhatsApp degli amici. Meglio concentrarsi ancora sulle immagini della strada. La telecronaca si sta già imbarcando in un mellifluo flusso di aneddoti su Francesco Moser e io provo a ricordarmi quando è stata l'ultima volta che ho pedalato su quelle strade, nel frattempo aguzzo lo sguardo: tra poco si arriva a Pavia e spero di individuare nel pubblico Gino Cervi.
ore 10:46, –264 km
Gino non l'ho visto ma in gruppo sta succedendo una cosa inattesa: sono allungati, tirano. Non che vogliano andare a riprendere la fuga, che ha già 7'16" di vantaggio, ma forse non vogliono neanche addormentare del tutto la mattinata. Per la prima volta da inizio diretta qualcuno pronuncia la mitica espressione "Corsa Dura". Alla Sanremo funziona sempre così, c'è un partito sotterraneo che emerge solo in questo giorno, sono i corsaduristi. Di fatto è l'incarnazione definitiva dell'ottimismo: si tratta di analisti mossi più dalla speranza che dai dati, dalla granitica certezza che in tanti vorranno rendere la gara più difficile di quanto sia, per tagliar fuori i velocisti o lanciare verso la vittoria capitani battuti allo sprint. I corsaduristi hanno un totem, che fa capolino in telecronaca subito dopo: «Sulla Cipressa si muoverà qualcuno». Sette minuti più tardi (–252 km) arriva la seconda inquadratura della fontana di Sanremo.
ore 11.29, –233.5 km
Garzelli racconta che quelle che precedono la Sanremo sono la cena e la colazione più abbondanti della stagione. Lo leggo come un segnale. Con un minuto d'anticipo sulla scaletta mi verso il primo bicchiere di vino bianco.
ore 11:49, –219.4 km
Andrea De Luca definisce la diretta integrale un orgoglio aziendale. Pochi minuti più tardi verrà sottolineato dalle immagini in diretta dalla sala regia.
Prima però c'è spazio per una terza inquadratura della fontana di Sanremo.
ore 11:53, –217 km
Mentre la mia gatta Roubaix resta imprigionata nelle tende del salotto nel tentativo di acchiappare una mosca, il gruppo allungato sale su uno di quei ponti a cui si accede attraverso una rampa curva. Lo segue, inquadrata dall'elicottero, tutta la fila delle ammiraglie e raramente ho avuto una visione così chiara del serpentone. Non siamo nemmeno a metà gara ma già vorrei che ridiscendessero dall'altra parte e continuassero così, arrotolandosi in un'eterna spirale, trasformando la Milano-Sanremo in un oroboro. È chiaro che la corsa sta entrando nella sua fase lisergica. Mi verso un altro bicchiere di bianco.
ore 12:16, –200 km
Il vantaggio dei fuggitivi è sceso bruscamente. Faccio domanda per entrare nei corsaduristi e mi porto avanti andando in bagno, ispirato da diversi corridori a bordo strada. In cronaca non si parla più di gara da una buona mezz'ora, mentre sul gruppo Telegram si riflette sul nome della località Pozzolo Formigaro: tra richiami a Pozzovivo e Formolo, qualcuno propone di ribattezzarlo Formivivo.
Al cartello dei –200 chilometri mi sovviene un aneddoto raccontatomi da Marino Vigna durante una risottata a Masone. Ricordava la sua prima Sanremo, quando ormai esausto dopo aver tirato a lungo in testa alzò lo sguardo e vide un cartello impietoso che gli comunicava di essere soltanto a metà corsa. Pensò seriamente di piantarla lì. Non lo fece e non lo farò nemmeno io, benché si stia entrando nella fase più dura di gara, almeno sul divano.
ore 12:54, –171,4 km
La corsa è ormai entrata nell'iperuranio. I suoni sembrano più ovattati. Beppe Conti ha trovato il tempo per raccontare delle biografie di Girardengo, Coppi, Cavanna e della drammatica vicenda dei coniugi Péllissier. Andrea De Luca si preoccupa dello spavento che le pale dell'elicottero possano arrecare alla mandria di mucche inquadrate. Il regista, per scombinare un po' le carte, decide di tornare per la quarta volta alla fontana di Sanremo dove si trattiene più a lungo del solito per mostrare una lieve brezza che scuote dolcemente le foglie delle palme.
Ormai esaurita la rassegna stampa ciclistica seguo il richiamo della fontana e acchiappo il numero di "TV Sorrisi e Canzoni" rimasto a fianco del divano dalle nottate festivaliere. «Trifluoperazina, stramonio e pindololo, un pizzico di Secobarbital», recita il testo di Max Gazzè, sorprendentemente adeguato alla situazione.
Nemmeno dieci minuti più tardi comparirà per la quinta ed ultima volta la fontana di Sanremo.
ore 13:29, –146,7 km
Il vantaggio continua a diminuire e una voce, ormai indistinta, avvisa i telespettatori che «la temperatura cresce, e anche la pressione nel corpo dei corridori». Lo prendo come un segnale per scuotermi dal torpore. Mi alzo e, nuovamente con un minuto di anticipo, apro la prima birra. Non ho fatto scorte particolari, ne scelgo una che ha il pregio di essere prodotta nel luogo che a settembre ospiterà i mondiali, obiettivo stagionale di Wout van Aert. È anche la città da cui proviene Jasper Stuyven, ma lì per lì nemmeno ci faccio caso.
ore 13:50, –132 km
La bottiglia è già sotto la metà quando la corsa transita da Sassello. La cosa mi dà un sussulto perché è il luogo che ha ospitato diverse mie vacanze estive. Sono perso nei ricordi d'infanzia quando Andrea De Luca si preparara a darsi il cambio con Francesco Pancani in telecronaca. Mi ero dato come obiettivo di arrivare sveglio sin qui, ce l'ho fatta. Riprendo il vino e mi preparo un leggero pranzo per prevenire l'abbiocco evitato sin qui.
ore 14:30, –100 km
I cento chilometri al traguardo arrivano come una giornata di sole fuori stagione. Guardo il mare e penso che stranamente il 2021 è il primo anno in cui ho fatto il bagno in Liguria prima della Sanremo, non era accaduto nemmeno la scorsa stagione che si era gareggiato ad agosto. I fuggitivi stanno ricominciando a guadagnare un po', ora che abbiamo mangiato tutti. E per la prima volta da questa mattina mi sembra che sia davvero la Sanremo, quella che conosco e amo sin dall'infanzia.
ore 14:56, –80,3 km
Ora vanno davvero velocissimi. Un account bosniaco resta colpito dai prezzi del diesel sui cartelli a Savona. La TV manda una pubblicità di una compagnia telefonica in cui una band di ventenni suona una hit dell'Equipe 84. Metto su il caffé.
ore 15:12, –66 km
Le telecamere indugiano sull'Isola Gallinara, al largo di Albenga, e io non riesco a esimermi dal cantare "L'isola di Wight" dei Dik Dik. Temo siano gli effetti dell'esposizione prolungata al teleschermo, fatto sta che la melodia mi entra in testa e mi accompagnerà sino ai piedi del Poggio. Fortunatamente ci vorrà poco: vanno a 60 all'ora e con la stessa rapidità stappa un'altra birra, richiamato dall'uomo baffuto e sorridente sull'etichetta.
ore 15:40, –43 km
Variazione sul tema. La fontana di Sanremo non è più inquadrata da un bel pezzo, ma Francesco Pancani ne parla in telecronaca.
ore 16:04, –30.5 km
Comincia la Cipressa e mi emoziono. Le gambe prendono a tremare, segno che sono ancora vive. Vanno talmente veloce che ormai è chiaro che non accadrà nulla fino agli ultimi istanti, ma questo è il bello della Sanremo. "Una bomba con una miccia di 300 chilometri" la definì qualcuno che ora non ricordo. Non vedo l'ora che esploda. Vado un'ultima volta in bagno e poi mi stappo una birra sarda.
ore 16:22, –10.7 km
Una splendida veduta aerea delle palme. In un angolo in basso una sovraimpressione comunica quanto manca al Poggio.
Un chilometro e seicento metri. Mi alzo in piedi.
ore 16:36, –500 metri
Mi aspettavo una comparsata in diretta della fontana, ma non c'è tempo. Passa Jasper Stuyven come un razzo e vince con un'azione bellissima e intelligente.
Subito dopo l'arrivo crollo sul divano. Le gambe non reggono più. La birra è a metà, nella concitazione del finale ho dimenticato di idratarmi.
Dopo sette ore di dedizione sono arrivato in fondo, senza mai cedere a nulla se non alle tentazioni. Che poi è uno dei buoni motivi per cui seguire così a lungo una corsa ciclistica. Chissà se l'anno prossimo la Sanremo la rifaranno sin dall'inizio, con lo stesso copione di gara, gli stessi luoghi attraversati, le stesse parole in telecronaca. Chissà dove sarò io. Se sono a casa lo rifaccio.
Prima di tornare alla realtà guardo il numero di "TV Sorrisi e Canzoni" sul divano: è rimasto aperto sulla pagina di Orietta Berti.
«E mi perdonerà se non mi sveglierò
da questo sogno che non è stato inganno.
Senza più orgoglio, senza più affanno,
ci abbandoniamo al mondo senza nessun rimpianto».