[Gino Mäder] Oggi è proprio dura

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    Seduto su un ramo a riflettere sull'esistenza. Cofondatore di Bidon, durante una pausa si è laureato in statistica. Fonti di ispirazione: le biciclette, l’Islanda, i pub di Oxford e Cristobal Jorquera.

Seguiamo il ciclismo da un buon numero di anni. Siamo consapevoli della pericolosità intrinseca alle corse in bicicletta, la cui spietatezza periodicamente torna a visitarci e a farci sentire in colpa: amiamo uno sport in cui è quotidiamente e tangibilmente in gioco l'incolumità fisica dei suoi protagonisti. Lo sappiamo, ne teniamo conto. In qualche misura forse addirittura lo accettiamo, annoverando più o meno consciamente il rischio supremo tra le "regole del gioco".

Nulla di tutto ciò ci rende più preparati nel momento in cui succede un'altra volta. I polpastrelli s'inceppano, le parole si dileguano: che dire? Cosa diamine scrivere? Forse nel tempo abbiamo imparato qualcosa sulle volate, sui ventagli, su cambi e tubolari. Ma che ne sappiamo noi della vita, e ancor di più della morte?

Non ci facilita il fatto di aver cominciato negli ultimi anni a vivere il ciclismo più dall'interno, a motivo soprattutto dei podcast realizzati durante il Giro d'Italia. Per tre settimane all'anno diventiamo autentici compagni di avventura dei corridori, che incontriamo tutte le mattine, dopo ogni tappa, talvolta persino la sera in albergo. Le generalità sugli ordini d'arrivo si trasformano in occhi che ci guardano, voci che ci rispondono, vibrazioni che ci raggiungono.

Il lavoro, se così vogliamo definire la nostra esperienza nel ciclismo, diventa allora una questione personale, una sequenza di pomeriggi in cui le nostre esistenze e quelle degli atleti che proviamo a raccontare s'intersecano: avvengono degli scambi (di battute, di informazioni, di sorrisi), minuscole transazioni che inevitabilmente ci formano, ci segnano, talvolta ci cambiano. In certe situazioni, richiamare alla mente quei volatili passaggi è forse il modo migliore che conosciamo per parlare di chi non c'è più.

Dunque uno degli obiettivi principali di Giroglifici 2021, la terza edizione del podcast di Bidon al seguito del Giro d'Italia, era combinare un'intervista di Gino Cervi - il nostro Gino Cervi - a Gino Mäder, giovane ciclista svizzero in gara. Gino intervista Gino al Giro. Una di quelle trovate scemotte che piacciono a noi, insomma.

Il problema è che quel Giro si correva nel pieno della pandemia, le interviste alla partenza erano possibili solo nel delirio della mixed zone e Gino (Cervi) solitamente lasciava quell'onere a me e a Filippo, mentre lui cercava di scovare un anfratto qualsiasi per parcheggiare l'auto. Per tutti questi motivi, non era facile riuscire nel curioso intento.

Ma Gino (Mäder, il ciclista) ci venne incontro: vinse la tappa di Ascoli al sesto giorno di gara, dandoci la possibilità di intervistarlo comodamente in sala stampa, dopo le premiazioni di rito. E così Gino (Cervi) chiese a Gino (Mäder) se sapesse qualcosa di Gino (Bartali, ovvero l'ultimo Gino a vincere al Giro prima di quel giorno), e il secondo Gino rispose sorridendo al primo Gino che del terzo Gino conosceva poco ma gli sarebbe piaciuto saperne di più. Non escludeva addirittura che sulla scelta del suo nome di battesimo avesse avuto una qualche influenza la passione ciclistica dei suoi genitori.

Dopodiché Filippo gli fece una domanda sulla sua, di passione ciclistica: se cioè il suo rapporto con la bicicletta fosse ancora quello di un paio d'anni prima, quando Mäder aveva scritto su Instagram che il ciclismo per lui, "ragazzino pieno di amore e di speranza", era stato "il biglietto per una vita migliore" dopo il divorzio dei suoi genitori, e Gino disse di sì, di essere felice come allora.

Io da par mio mi congratulai per la vittoria, poi non ricordo di preciso cosa gli chiesi. Ricordo però che lui, replicando, esordì così: «First of all, thank you».

Ci colpì molto Mäder quel giorno, e ci promettemmo che più avanti nel corso del Giro saremmo tornati a parlargli con più calma. Pochi giorni dopo però, verso Montalcino, Mäder cadde. Nel corso della tappa successiva si ritirò dalla Corsa Rosa. Da allora, per una serie di motivi, non è più tornato al Giro - e noi non gli abbiamo potuto rivolgere altre domande.

Nelle scorse due stagioni l'abbiamo conosciuto un po' meglio grazie al suo modo di correre, per via della sua brillante presenza sui social, attraverso le interviste degli altri. Era spaventato dal cambiamento climatico, dall'eventualità che alle generazioni future potesse essere negata la vista dei ghiacciai. Nel corso della Vuelta 2021, conclusa al quinto posto in classifica generale, decise di devolvere ad associazioni ambientaliste 1 euro per ogni corridore finito alle sue spalle al termine di ogni tappa, per un totale a fine corsa di oltre 4500 euro. Nel 2022 estese il proposito a tutte le corse cui prese parte.

Come ha scritto Daniel Friebe del Cycling Podcast, l'impressione è che Mäder fosse davvero una delle "brightest lights" del ciclismo mondiale, e che fosse solo questione di tempo prima che anche il grande pubblico potesse godere del suo talento e della sua intelligenza. Chissà quante altre storie avrebbe potuto raccontare, questo nostro compagno di viaggio; quante persone avrebbe ispirato, quanti begli articoli avrebbe fatto scrivere.

Oggi è proprio dura.

 

Testo: Leonardo Piccione. Foto in copertina: Tornanti.cc

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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