[Imola 2020] Farfalle e arcobaleni

Un paio di settimane fa, Chloé Dygert ha condiviso sui propri social una foto che la ritraeva sdraiata su una panchina del velodromo di Colorado Springs, stremata dall'ennesima sessione di allenamento in vista del mondiale a cronometro. «Non tutti i giorni possono essere farfalle e arcobaleni», aveva commentato la ciclista statunitense, che di arcobaleni e farfalle se ne intende.

L'arcobaleno avrebbe voluto arrotolarselo nuovamente intorno al torace questo pomeriggio, proprio come un anno fa. Allora sorprese tutte le avversarie più quotate e nel diluvio dello Yorkshire rifilò un minuto e mezzo ad una come Anna van der Breggen, che di professione nella vita aveva vinto tutto, o quasi. Quel pomeriggio per Chloé è stato però l'unico con indosso la maglia iridata. Carenze nel calendario, difficoltà logistiche e una pandemia globale le hanno impedito di gareggiare per una stagione intera, fino ad oggi.

Così a Imola Chloé Dygert è arrivata alla prima - e al contempo ultima - gara da campionessa del mondo con le farfalle nello stomaco, quella sensazione di stordimento leggero che si prova quando si è innamorati, quando è l'emozione a travolgerci. Si dice che le "farfalle" siano una conseguenza dell'attivazione del sistema nervoso simpatico, lo stesso che regola i nostri riflessi ancestrali quando ci troviamo a fronteggiare un'emozione forte o una paura. Primeggiare in una prova come la cronometro, in cui la concentrazione conta quanto le gambe, richiede proprio la capacità di controllare quelle farfalle, lasciare che sbattano le ali freneticamente prima o dopo la corsa, ma una volta in sella tutte a riposo.

Per Dygert la parola d'ordine è sempre stata: controlla il controllabile. E l'incontrollabile oggi pomeriggio ha assunto la forma di una bicicletta, attrezzo familiare quanto poco amato da Chloé, che non ama pedalare ma è troppo attratta dalla competizione per non farlo. In un'innocua curva in leggera discesa, la sua bici si è scossa come se le frenetiche farfalle fossero state scacciate troppo in giù, fin dentro ai tubi del telaio, capitombolandola fuori strada per i prati di Romagna. Il suo 2020 è iniziato e finito nel giro di una ventina di chilometri.

Non tutte le stagioni possono essere farfalle e arcobaleni. Tranne per Anna van der Breggen, che cinque giorni dopo aver conquistato il Giro Rosa si mette addosso l'unica maglia iridata che le mancava e al collo la sua undicesima medaglia mondiale. Dopo quattro secondi posti in cinque anni, Van der Breggen ha scelto un modo nuovo per silenziare le farfalle: ha chiesto che non le venisse comunicato nessun tempo parziale. Ha preferito far tutto da sola, «più veloce possibile». Leggera come una farfalla, raggiante come un arcobaleno.  [Filippo Cauz]

 

 

 

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