[Kings of Bidons] Manuele Boaro

Manuele Boaro è nato a Bassano del Grappa, in una di quelle zone d’Italia dove l'incontro con il ciclismo è quasi inevitabile. Ha visto decine di corse passare sotto casa: «Quando ero allievo ci fu il campionato italiano a crono. Al termine della gara andai a fare tutto il percorso per raccogliere più borracce possibili». Un’altra volta invece fu direttamente un bidon ad andargli incontro. Era il 2010, il suo ultimo anno da dilettante, e Boaro non aveva ancora ricevuto proposte. Al passaggio del Giro da Bassano un corridore lanciò una borraccia della Saxo Bank a sua madre, a bordo strada. Pochi mesi dopo fu proprio la squadra danese a ingaggiarlo. «In quella borraccia c'era un segno del destino: ogni volta che la rivedo mi ricordo l'emozione di quando mi chiamarono». 

Ora tocca a lui portar borracce. «Io di solito ne prendo 9 o 10». La borraccia in una parola è «fondamentale», la bicicletta «tanta fatica», l'acqua «fastidiosa» - ma solo quando significa pioggia. 

Negli ultimi tre anni la vita di Manuele è cambiata molto. Prima la nascita di Matilde, poi il passaggio al ruolo di gregario da corse a tappe. Ha rinunciato al proprio spazio ma ha mantenuto un posto nel ciclismo. È ancora una figurina sull'album, quella figurina che Matilde non ha ancora attaccato: «Preferisce portarla sempre con sé, anche all'asilo. Speriamo trovi presto un doppione!» 

Negli occhi vispi di Boaro si avverte forte la mancanza della famiglia al Giro: cerca di sentire moglie e figlia ogni giorno, «ma tra orari strani e tappe lunghe non c'è sempre tempo». È una mancanza che lo accompagna da sempre: papà viaggiava per lavoro: «Ogni volta che partiva mi mettevo a piangere. Ma quando tornava mi portava in bicicletta». L'abitudine è rimasta, sono solo cambiati i mezzi: «Oggi papà è il mio dietro-moto ufficiale. Visto che è in pensione lo sfrutto abbastanza, ci sono giorni in cui salta persino il pranzo per il mio allenamento». 

Ma l'anima nomade di Boaro viene anche dalla mamma australiana: una casa dall'altra parte del mondo che Manuele non visita quasi mai, «però cerco sempre di fare il Tour Down Under, è una corsa che mi piace e un'occasione per tornare dove ho una parte del mio cuore». Al Giro, quando non pedala e non parla con la famiglia, Boaro si dedica a due attività principali. Una è eludere la sorveglianza del dottore per mangiare del gelato: «Siamo riusciti a rubare una pallina l'altro giorno. Paolo Fornaciari ce lo ha portato in hotel, assaggiarlo era un dovere». L'altra è la lettura, «anche se siamo partiti a tutta e quindi non abbiamo molto tempo». Sul comodino ora c'è l’ultimo libro di Simone Moro, un alpinista. «Mi piacerebbe finirlo prima delle montagne, potrebbe rivelarsi utile». (FC)

 

 

 

 

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