La vita in fuga di Thomas De Gendt

Approda in questi giorni nelle librerie "Solo - Vita in fuga di Thomas De Gendt", l'edizione italiana della biografia del corridore della Lotto, scritta insieme al giornalista fiammingo Jonas Heyerick.

Solo è un lungo viaggio nella vita di De Gendt, dalla sua nascita fino all'autunno del 2020 e al ritorno alle corse dopo l'interruzione causata dalla pandemia. Nel libro ci sono le passioni di De Gendt, la sua visione del ciclismo e della vita, il racconto delle sue gioie ma anche della sua depressione, un sacco di aneddoti in corsa e non solo e naturalmente il racconto in prima persona delle sue fughe più celebri.

In occasione della pubblicazione del libro (che rappresenta la prima uscita della collana "Pagine Alvento" di Mulatero Editore, curata da Gino Cervi) vi proponiamo un estratto da uno dei "diari di corsa" di Thomas De Gendt: il racconto della Mâcon – Saint-Étienne, al Tour de France 2019.

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Non sarà una tappa facile. Poco meno di 4000 metri di dislivello, quasi quanto una frazione di montagna. Tuttavia qualche giorno fa l’ho segnata con un cerchietto. Ero in camera con Tim Wellens e stavamo controllando le frazioni con in palio più punti per la classifica degli scalatori. Quella con arrivo a Saint-Étienne sembrava l’ideale. Tim avrebbe dovuto provare ad andare in fuga per mettere al sicuro la maglia a pois, io avrei dovuto fare lo stesso per due motivi: primo, sottrarre punti ai suoi potenziali avversari; secondo, provare a vincere la tappa. Ora che siamo al via so una cosa: se entriamo in un buon gruppo, abbiamo molte possibilità.

Si abbassa la bandierina e scatta subito Ben King. Seguo la sua ruota senza esitare. Quando mi guardo indietro, vedo dritto dritto il viso sorridente di Niki Terpstra. Bene. È vero che Niki può essere uno stronzo in gruppo, ma è un compagno su cui si può contare, uno che collabora sempre. Quindi sono contento che sia con me oggi, anche perché so che non è al 100% e non mi spaventa troppo. 

Pure Ben King è un ottimo uomo da avere vicino. Ma devo fare attenzione. Alla Vuelta dell’anno scorso ha vinto due tappe e in salita mi ha staccato di ruota più di una volta. Non me lo sono scordato. Aspettiamo ancora un po’ prima di cominciare a spingere a fondo. Sarebbe bello che si unisse qualcun altro, ma non arriva nessuno. D’accordo, vada per noi tre...

Via radio vengo a sapere che in gruppo c’è indecisione. Poi all’improvviso: «De Marchi ha attaccato. È a venti secondi». Ci scambiamo uno sguardo. Che si fa? Sappiamo che sarebbe fantastico averlo con noi, De Marchi è uno che prima corre e poi pensa. Chiedo a quanto ammonta il nostro vantaggio sul gruppone. «Trenta secondi». Merda, vuol dire che tra De Marchi e il gruppo ci sono solo dieci secondi. Non possiamo aspettarlo. Peccato.

Novità dalla radiolina: i primi uomini del gruppo si fermano a fare pipì. Il nostro vantaggio supera subito il minuto, mentre De Marchi si tiene ancora a venti secondi. Mamma mia, se va forte! Discutiamo un po’ tra noi. Se davvero non vogliamo che De Marchi ci raggiunga, dobbiamo solo correre a tutta per alcuni chilometri e ci penserà lui a farsi riassorbire dal gruppo. Ma poi c’è il rischio che la CCC si metta a correre al servizio di Greg Van Avermaet ed è meglio di no. Oltretutto ci farebbe comodo un altro uomo in testa. Conclusione: aspettiamo De Marchi. Non abbiamo molto altro da dirci. Sappiamo a che ritmo andare, sappiamo a che velocità scattare in salita. Forse in gruppo la situazione è più complicata che qua davanti. Affrontiamo ogni salita a una media di 380-400 Watt, sbuffando, quindi siamo già vicini ad andare in acido lattico. Se in gruppo vogliono ridurre il distacco, davanti devono tirare a 420 Watt, ovvero oltre il limite dell'acido lattico. Il nostro piano procede a meraviglia.

Per ora vedo i miei compagni di fuga come amici. Dobbiamo collaborare al meglio e il più a lungo possibile, perché solo così avremo qualche chance di vincere la tappa. Sono solo un po’ preoccupato per il finale. Gli ultimi chilometri sono davvero difficili e in ogni caso ci si attaccherà a vicenda. Non amo i finali con tanti scatti, che si trasformano in una gara tattica. Preferisco i finali in cui conta solo andare a tutta o quelli lunghi e faticosi in cui riesco a sfiancare poco a poco gli avversari. Sono curioso di vedere come andrà a finire.

Siamo quasi a metà tappa. Rifornimento a 100 km dalla fine e un’altra salita. La radio comunica il distacco. Mi viene un colpo. Solo 2 minuti e mezzo! Il gruppo si è fatto molto più vicino. Abbiamo un istante di esitazione. E adesso? Decidiamo di non accelerare subito. Lasciamo credere agli inseguitori che possano avvicinarsi ancora. Apriremo completamente il gas solo quando il gruppo rallenterà in vista del rifornimento. Nel frattempo mi accorgo che Terpstra ogni tanto salta un turno. Finge oppure è davvero in difficoltà? A due km dalla cima veniamo a sapere che è giunta l’ora: il gruppo rallenta. Aumentiamo subito il ritmo e quando do il cambio a King, arriviamo nella parte più dura della salita. Sto ancora usando la moltiplica grande e decido di non cambiarla. Mi limiterò a spingere un po’ più forte.

A un tratto sento dalla radiolina che King e Terpstra stanno mollando... Uuuuh, ma è prestissimo! Da Terpstra me lo aspettavo – in primavera ha avuto una brutta caduta –, ma che Ben King molli già ora mi sorprende. E adesso? Io e De Marchi dovremmo rallentare? No. Se quei due sono già in difficoltà, presto smetteranno di fare la loro parte del lavoro di testa. Cercheranno più che altro di risparmiare le forze e sarebbero una palla al piede. Meglio lanciare subito la zavorra fuori bordo. Accelero un altro po’. Terpstra e King spariscono dalla visuale. Ce ne siamo andati definitivamente... Ora rimaniamo solo io e De Marchi. E il gruppo, naturalmente. Ma De Marchi è il tipo ideale con cui dividere la strada. Non si metterà a fare stronzate, è uno che dà tutto sempre e comunque.

Da adesso provo a dare a De Marchi l’impressione che sia lui ad averne di più. Quando vado in testa, sbuffo forte e ondeggio con le spalle. Ogni tanto rallento di mezzo chilometro orario. Una differenza appena percettibile, ma sono sicuro che a lui non sfugge. In parole povere, faccio una sceneggiata. Poco dopo vado nel panico. In una discesa sento che una vespa mi ronza intorno al colletto della maglia e provo a scacciarla con la mano. (In seguito De Marchi mi disse che credeva mi fossi passato la mano sulla gola, come a significare che ero a pezzi. Lui aveva capito così. Anche José De Cauwer e Michel Wuyts avevano notato il gesto e lo avevano interpretato alla stessa maniera. Spiacente signori, in quel caso non era mia intenzione
ingannarvi).

All’auricolare sento: «Ancora 50 km». Il DS Frederik Willems aggiunge: «Avete un vantaggio di 3 minuti e 20. In testa tirano due squadre con due uomini ciascuna». Perfetto, sia per quanto riguarda il vantaggio sia per quanto riguarda l’altra informazione. Almeno ho capito qualcosa in più. Ci sono direttori sportivi che non riescono a ripetere altro che «devi dare tutto, devi correre la corsa della tua vita». D’accordo, ma in gara non mi interessa. Informazioni, quelle mi servono. Una volta un DS a 85 km dal traguardo cominciò a urlarmi nell’orecchio: «A tutta, Thomas! A tutta!». Allora persi la pazienza: «Non è il momento di dare tutto. Devo dosare, idiota!». Oggi invece ho ricevuto informazioni precise. So quante squadre tirano nel gruppo inseguitore e so quanti uomini ci sono ancora nel gruppo – poco fa 85, adesso ancora 45. La partita è ancora aperta, ma di un niente. Il fatto che nel primo gruppo ci siano solo 45 uomini significa che anche in gruppo si è lottato duramente.

Una discesa. Sembra un rettilineo, ma all’improvviso vedo una staccionata. Merda, la strada curva a sinistra. Freno di colpo e ora la vede anche De Marchi, che frena a sua volta. Troppo tardi. Io scivolo, ma rimango sulla strada, De Marchi va fuori pista. Ho un istante di esitazione: continuo a tutta con il rischio di perderlo oppure lo aspetto? Scelgo la seconda opzione. Manca ancora tanto. Se adesso rimango da solo, mi sfiancherò nell'avvicinamento all’ultima salita. Il nostro vantaggio si sgretola rapidamente. Speravo di poter cominciare la salita finale con un distacco di 2 minuti, ma niente da fare, sarà già tanto averne uno. Non parliamo. Fare un accordo? Non abbiamo alcuna certezza di arrivare al traguardo, per il momento il problema non si pone. Continuiamo a pedalare e basta.

Era ora, l’ultima salita! Il nostro vantaggio si è talmente ridotto che sono costretto ad alzare il ritmo se non vogliamo fare la fine del topo. Dato che preferisco non scattare dalle spalle di De Marchi, mi limito ad andare in testa. Mi guardo indietro. Accelero. Se De Marchi ne ha ancora, mi seguirà, altrimenti... Mi guardo tra le gambe ma non vedo nessuna ruota. Mi giro e in quel momento De Marchi si accascia sul sellino, a due metri di distanza. Per l’italiano è finita. Anche a me sta per venire il fiatone, non potrebbe essere altrimenti. La salita è ripida, ma lunga solo un chilometro e mezzo. Quattro minuti a tutta, quattro minuti in debito d’ossigeno. Penso sia fattibile. Però so che tra poco da dietro partiranno gli scatti. In cima si possono guadagnare tre secondi, due secondi e un secondo di bonus. Io ne vincerò tre, ma gli altri verranno contesi a mio discapito.

Sono quasi in cima. Tieni duro ancora un po’! Frederik Willems mi comunica: «Parte Alaphilippe. Pinot lo segue. Vanno a tutta». Percepisco il nervosismo nell’ammiraglia. Cazzo, pensano che sarò ripreso... Mi alzo sui pedali. Seicento Watt. Su, resisti! Le caviglie mi scrocchiano. Sento il sapore del sangue in bocca. Ancora 4 km. Ultimissima salita. È lunga solo 700 metri, ma sembrano 7 km. Sento l’acido lattico dappertutto. Devo scalare il rapporto. Maledizione. Un dente in meno. Tutto il mio corpo implora pietà. Sento che l’acido lattico sta per schizzarmi dalle orecchie. Ma non posso mollare, devo stringere i denti. Come diceva Jens Voigt: «Shut up, legs! Shut up, legs!». Zitte, gambe! Per un po’ smetterò di ascoltarvi.

Ecco la cima. Sì! Ancora 3 km. Adesso una breve discesa. Posso tenere ferme le gambe, ossigenarle un po’. Una curva. Ancora 1,2 km in piano. Pedala senza fermarti! L’ultima curva. Mi guardo indietro. Evviva! Né Alaphilippe né Pinot alla mia ruota. Ce l’ho fatta! Ho dovuto lottare disperatamente per cinque ore, ma ho vinto! Vittoria! Vittoria!.

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"Solo - vita in fuga di Thomas De Gendt" sarà disponibile in tutte le librerie dal 17 novembre e si può già ordinare on-line sul sito di Mulatero.

Jonas Heyerick, Solo - Vita in fuga di Thomas De Gendt
postfazione di Filippo Cauz
Mulatero Editore, 2021
pp. 272, 21 €

 

© 2021 Mulatero Editore - traduzione a cura di Davide Trovò

 

 

 

 

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