Seguiamo il ciclismo da un buon numero di anni. Siamo consapevoli della pericolosità intrinseca alle corse in bicicletta, la cui spietatezza periodicamente torna a visitarci e a farci sentire in colpa: amiamo uno sport in cui è quotidiamente e tangibilmente in gioco l'incolumità fisica dei suoi protagonisti. Lo sappiamo, ne teniamo conto. In qualche misura forse addirittura lo accettiamo, annoverando più o meno consciamente il rischio supremo tra le "regole del gioco".

Oggi vi presentiamo GIRONIMO, il nostro e vostro compagno di viaggio sulle strade del Giro d'Italia, in collaborazione con Alvento e Shimano Italia.

I due duelli sono terminati quasi contemporaneamente, verso l'ora di pranzo, in modi molto diversi di quanto ci si sarebbe potuti immaginare. Se il primo si è svolto là dove avrebbe dovuto, alle porte del centro di Liegi, l'altro è terminato parecchio in anticipo sulla tabella di marcia, in una stradina nei boschi tra Bertogne e Trouhérol, prima ancora di arrivare al giro di boa della classica con andata e ritorno.

Un giorno qualcuno più giovane di noi chiederà conto dei nostri capelli grigi e ci sottoporrà la temuta domanda: chi era più forte tra Van der Poel o Van Aert? E noi, risultati alla mano, dovremo dire: Van der Poel. Per poi aggiungere un attimo dopo: Ma che spettacolo era Van Aert.

Tadej Pogačar ha vinto il Giro delle Fiandre ed è certo che a quest’ora della sera sappiate già che si tratta del terzo corridore nella storia in grado di trionfare al Ronde oltre ad aver conquistato in carriera almeno un Tour de France.

Dietro il podio della Milano-Sanremo han piazzato un divano. Un divano in pelle o finta pelle, nero, non particolarmente bello, stretto (non foss’altro per via delle dimensioni dei tre occupanti, uno e novanta o poco meno di altezza media).

Le inquadrature dei retropodi del ciclismo ci avevano abituato a una sola seduta, al “posto caldo” riservato ai leader delle cronometro in attesa. Oggi invece ci viene mostrato un divano intero. Forse è un altro segno del ciclismo che cambia, che evolve finanche nei dettagli della più immutabile delle sue corse.

Il cielo sopra Hoogerheide è azzurro, terso, inaspettato, persino sgradito. Chiunque avrebbe preferito un consono grigio, un po' di pioggia a rimestare il terreno di un percorso fin troppo veloce. Chiunque tranne chi sta sotto a quel cielo, e, tra una gara e l'altra, alza il naso per sincerarsi che sia ancora azzurro e ancora lassù, tagliato da scie di aerei che promettono destinazioni distanti, viaggi, sogni.

Sfogliando il romanzo del ciclismo si fa spesso sosta sulle gesta di uomini che furono autori di imprese radiose, talune uniche nella storia, finendo inevitabilmente per entrare nell’Olimpo dei leggendari. 

«Oggi è stata una delle giornate più intense della mia vita. Stamattina alle dieci e mezza non volevo neanche partire. Non lo volevo fare questo inseguimento, volevo finire la stagione e andare in vacanza. Poi sono arrivati i miei compagni a incitarmi. A dirmi che avrei dovuto provarci. Devo dire grazie a loro, che ci hanno creduto e mi hanno fatto credere in me stesso. Grazie anche al pubblico, che mi ha supportato quando ho capito che avrei potuto battere il record del mondo. Sono rimasto calmo, ho respirato bene, ho fatto quello che so fare. Sì, è stata una settimana straordinaria.

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